Gazzetta d’Alba del 10.07.2012
«Occorre ergersi oltre la nebbia che ci avvolge, non disperdersi in essa, ma salire sull’albero più alto per cercare nuovi orizzonti e nuove strade da percorrere, riscoprendosi cambiati e pronti a ripartire, senza paura di seguire i sogni e le ambizioni». Sono parole trasformative quelle di Armando Bianco, presidente della cooperativa sociale Progetto Emmaus. Antietiche alla tragedia in cui versa il socio-assistenziale (ovvero i deboli: anziani non autosufficienti, disabili, famiglie indigenti, immigrati senza lavoro), settore sempre più vessato da politiche ciniche e tagli di risorse.
Da buoni piemontesi, alla cooperativa Emmaus invece di lacrimare si progettano alternative: «L’obiettivo è creare una fondazione legata alla tematica del “dopo di noi”, cioè la disabilità in età avanzata, raccogliendo le preoccupazioni dei genitori che vedono i figli crescere, diventare adulti, invecchiare», prosegue Bianco. «L’idea, forse ambiziosa, è di creare uno strumento non profit che sia in grado di intercettare risorse sul territorio da enti, istituzioni, famiglie e privati. Il fine? Poter garantire una sostenibilità a percorsi di crescita e autonomia per queste persone, non prescindendo dal servizio pubblico ma immaginando integrazioni e collaborazioni strette nella gestione, anche finanziaria, dei servizi».
La coniugazione tra pubblico e privato diventa l’unica possibile compensazione verso le inadempienze dello Stato, che preferisce destinare altrove le risorse. Prosegue Bianco: «Dopo un approfondimento teorico e giuridico, da inizio anno stiamo girando nel Nord Italia in visita a fondazioni già operative, per confrontarci, capire i punti di forza e di debolezza, i rischi. I periodi di crisi, ce lo ripetono tutti, sono anche straordinarie occasioni di cambiamento: un’opportunità, indotta dalla necessità di mettere insieme pubblico e terzo settore e reinventarsi».
Intanto i vertici della cooperativa Emmaus hanno raccolto, tramite dialoghi e incontri, le prime informazioni utili. Tra i problemi, il principale è il reperimento delle risorse (40 per cento del campione intervistato): per alcune realtà è stato indispensabile, in fase di avvio, il contributo a fondo perduto delle amministrazioni comunali o il contributo di fondazioni bancarie.
L’appello è implicito: qualcuno si dovrà “accorgere” del dramma e intervenire di tasca propria. Sempre legato alle risorse è il problema del mantenimento del patrimonio, per evitarne un’eccessiva erosione nel corso degli anni.
Conclude Bianco: «Oltre il 70 per cento delle spese è legato al personale, mentre in oltre la metà delle fondazioni esistenti sono presenti a livello decisionale i parenti stretti dei disabili. Venendo alle fonti di finanziamento, le donazioni del 5 per mille si confermano la prima fonte di introiti». Un “sogno” realizzabile con l’azione collettiva, dall’imprenditore al politico al cittadino.
Matteo Viberti