Ricordare il periodo in cui, ad Alba, era attivo il Gruppo Spontaneo Handicappati, per noi equivale a collegarlo alla tensione ideale che animava ogni incontro sia nell’analisi dei problemi, che nella ricerca di soluzioni idonee, sia pur parziali.
La stessa forza propulsiva e propositiva animava i contatti con autorità e servizi competenti, sia del Comune, sia della U.S.L.. Ricordiamo come alcuni incontri siano stati piuttosto vivaci, per non dire burrascosi, perché le urgenze erano tali che pazientare poteva voler dire non dare risposte in tempo utile.
Le persone che si riconoscevano nel Gruppo Spontaneo Handicappati, negli anni successivi, hanno mantenuto vivo l’interesse per il problema, alcune hanno maturato un impegno concreto, dando vita a cooperative e associazioni che, da angoli visuali diversi, hanno cercato di difendere i diritti dei disabili e di offrire loro qualche opportunità di realizzazione.
Una delle funzioni importanti del Gruppo Spontaneo era la sensibilizzazione sui problemi dell’handicap; quello di cui noi oggi sentiamo la mancanza è un gruppo che sia occasione di incontri per genitori, operatori, volontari, persone comunque sensibili e che sia, in qualche modo, elemento di rottura rispetto all’attuale «status-quo».
L’urgenza di trovare risposte adeguate a problemi concreti ha forse provocato una certa cristallizzazione in ambiti specifici, anche delle persone più impegnate nel settore.
Sarebbe importante che si trovasse un terreno comune, che permettesse di mettere a fuoco esigenze e richieste dei disabili e delle loro famiglie, in modo da enucleare richieste precise da presentare agli organi competenti.
Molto in questa direzione è stato fatto, ma ancora di più rimane da fare.
Basta pensare che, ad Alba, non esiste una comunità di «Pronta accoglienza», che non è stato avviato un servizio di domiciliarità per disabili, e questo fa sì che le loro famiglie si trovino a vivere in una situazione di incertezza e disagio continuo.
Il vecchio Gruppo Spontaneo Handicappati raccoglieva persone molto diverse e questo non sempre favoriva la concretezza operativa; ma il desiderio di far fronte comune rispetto ai problemi era sicuramente un elemento positivo, che andrebbe ripreso, ora che molti di noi hanno maturato esperienze diverse, che necessitano, però, di confronto.
Questa è una speranza e un augurio.
Gian e Renata Brovia